NASpI: come si calcola il requisito delle 30 giornate di lavoro?
Due recenti pronunce della Corte di Cassazione – l’ordinanza n. 3593 del 12 febbraio 2025 e la sentenza n. 15660 del 12 giugno 2025 – hanno chiarito come vanno conteggiate le 30 giornate di lavoro richieste per accedere alla NASpI.
La prima ha stabilito che contano anche le giornate svolte in rapporti conclusi con dimissioni volontarie, se ricadono nei 12 mesi precedenti.
La seconda ha precisato che per “lavoro effettivo” si intendono tutte le giornate retribuite e con contributi, anche senza prestazione materiale (come ferie o riposi), mentre vanno esclusi i periodi di sospensione per maternità, malattia o CIG a zero ore.
vediamo meglio i dettagli dei due casi affrontati dai giudici di legittimità
Conteggio giornate per Naspi dopo le dimissioni: il caso
Con ordinanza n. 3593 del 12 febbraio 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – si è pronunciata su un caso di particolare interesse per chi si trova ad affrontare una situazione di disoccupazione dopo rapporti di lavoro brevi o frammentati.
Al centro della vicenda, la domanda di NASpI presentata da un lavoratore licenziato da un impiego di soli quattro giorni dopo essersi dimesso volontariamente, senza giusta causa, da un precedente rapporto di lavoro più stabile, cui INPS negava il diritto all’indennità NASpI
Il ricorso del lavoratore contro l'Istituto era stato respinto in primo grado dal Tribunale di Pescara, e la decisione era stata confermata in appello.
I giudici avevano ritenuto che il breve rapporto lavorativo non fosse sufficiente per maturare il requisito previsto dalla legge per accedere alla NASpI, e avevano escluso dal conteggio le giornate del precedente impiego, poiché cessato per dimissioni volontarie prive di giusta causa.
Secondo tale interpretazione, solo il lavoro presso l’ultimo datore avrebbe potuto contribuire al raggiungimento del requisito richiesto, tagliando fuori dal calcolo ogni altra esperienza lavorativa precedente, anche se svolta nei dodici mesi antecedenti.
La Corte di Cassazione ha ribaltato le conclusioni della Corte d’Appello, accogliendo il ricorso del lavoratore.
In particolare, ha fornito un’interpretazione rigorosamente letterale dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22 (nella versione precedente alla riforma introdotta dalla Legge 30 dicembre 2024, n. 207). Tale norma stabilisce che il diritto alla NASpI è riconosciuto ai lavoratori che:
- sono in stato di disoccupazione involontaria,
- possano far valere almeno tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti e
- trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
Secondo i giudici della Suprema Corte, la norma richiede dunque semplicemente che le trenta giornate siano maturate nei dodici mesi antecedenti la disoccupazione, indipendentemente dal datore di lavoro presso cui esse siano state svolte e anche se derivanti da un rapporto cessato per dimissioni volontarie. L’importante è che si tratti di giornate effettive di lavoro e che siano collocate nel periodo temporale indicato dalla legge. Non è richiesto, pertanto, che le giornate siano consecutive né che provengano da un unico rapporto.
La Corte ha sottolineato inoltre che un’interpretazione più restrittiva – come quella seguita dalla Corte d’Appello – non ha alcun fondamento nel testo della norma e, anzi, sarebbe in contrasto con l’obiettivo dichiarato della disciplina: ampliare la platea dei beneficiari della NASpI, tenendo conto della frammentazione sempre più diffusa dei rapporti di lavoro.
Requisiti per Naspi: la legge e le conclusioni della Cassazione
Con la sentenza n. 15660 del 12 giugno 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – ha fornito un chiarimento decisivo sul significato di “30 giornate di lavoro effettivo” richieste dall’articolo 3 del D.Lgs. 22/2015 per ottenere l’indennità NASpI. Secondo i giudici, il concetto di “lavoro effettivo” va inteso in senso giuridico, non semplicemente come presenza fisica o attività lavorativa concreta svolta dal dipendente.
La Cassazione ha affermato che devono essere considerate valide tutte le giornate per cui il lavoratore ha diritto alla retribuzione e su cui sono stati versati i contributi. Fanno quindi parte del conteggio le giornate di ferie e di riposo retribuito, anche se non corrispondono a prestazioni lavorative materiali. Questi momenti, infatti, sono parte integrante del normale svolgimento del rapporto di lavoro e mantengono attivo l’obbligo del datore di lavoro di versare la retribuzione e i contributi.
Inoltre, la Corte ha stabilito che l'arco di tempo di riferimento (i 12 mesi precedenti la disoccupazione)non deve comprendere i periodi in cui il rapporto di lavoro è formalmente sospeso per cause tutelate dalla legge, come:
- la malattia,
- la maternità,
- la cassa integrazione a zero ore,
- i congedi parentali o
- i permessi per assistere familiari con disabilità.
Questi periodi devono essere neutralizzati, cioè esclusi dal calcolo dei 12 mesi, senza che ciò penalizzi il lavoratore.
Infine, i giudici sottolineano che questa interpretazione è necessaria per garantire il rispetto dei principi costituzionali in materia di tutela previdenziale. Penalizzare il lavoratore per periodi di assenza tutelati, oppure per non aver svolto attività materiale durante giorni comunque retribuiti e contribuiti, sarebbe contrario al diritto a un trattamento equo in caso di disoccupazione.
Tabella di riepilogo
Tipologia di giornata | Valida per il conteggio NASpI? | Sentenza di riferimento | Note |
---|---|---|---|
Giornate lavorative effettive (presenza al lavoro) | Sì | Entrambe | Rientrano sempre nel computo |
Giornate di ferie o riposo retribuito | Sì | Sent. 15660/2025 | Costituiscono parte del normale svolgimento del rapporto |
Giornate retribuite e con contributi ma senza attività concreta | Sì | Sent. 15660/2025 | Ritenute “effettive” sul piano giuridico |
Giornate derivanti da contratto cessato con dimissioni volontarie | Sì | Ord. 3593/2025 | Contano se nei 12 mesi precedenti la disoccupazione |
Periodi di sospensione per malattia, maternità, cassa integrazione, ecc. | No (neutralizzati) | Sent. 15660/2025 | Non interrompono il diritto ma sono esclusi dal conteggio |
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